Pensieri disfunzionali: che cosa sono


Pensieri disfunzionali: che cosa sono

Ci sono tre persone che aspettano l’autobus alla fermata. Quando lo vedono avvicinarsi fanno cenno all’autista di fermarsi, ma questi non si ferma e… meglio partire dal principio.

Di fronte allo stesso evento le persone si comportano in maniera differente tra loro: pensieri diversi, emozioni diverse, modi di reagire diversi. Ok, questa è praticamente la scoperta dell’acqua calda. Ma approfondendo scopriamo qualcosa in più sui meccanismi che portano le persone a differenziarsi.

Le persone reagiscono seguendo i propri pensieri. Alcuni di questi pensieri sono definiti disfunzionali, cioè controproducenti, tali da non aiutare ad affrontare meglio l’evento o la situazione, tali da far stare male inutilmente.
I pensieri disfunzionali sono detti anche pensieri negativi, soprattutto se rappresentano una visione pessimistica della realtà e di se stessi.
I pensieri disfunzionali sono di solito distruttivi, catastrofici, illogici, intransigenti. Cioè l’opposto di quelli funzionali.

Ripensando ai tre soggetti in ballo con i problemi legati alla pubblica mobilità, le loro reazioni potrebbero essere le seguenti:

  • la prima persona rimane indifferente e continua a leggere il cellulare,
  • la seconda persona si arrabbia e gesticola,
  • la terza diventa ansiosa e presenta sintomi fisici tipici dell’ansia.

Lo stesso evento ha quindi prodotto tre reazioni diverse. Perciò, non può essere l’evento stesso ad averle prodotte. Le reazioni delle persone sono dovute al modo in cui interpretano l’evento.

La prima persona potrebbe aver pensato: “Non è una tragedia se arrivo in ritardo. Comunque adesso non ci posso fare nulla … che cosa c’era scritto nel messaggio?”
La seconda: “Che diavolo fa!? Perché non si è fermato!? Adesso per colpa sua arriverò tardi, la giornata parte già uno schifo!”
La terza: “Arriverò tardi. Chissà cosa diranno gli altri, mai che andasse come vorrei… non riuscirò neanche a finire il lavoro di oggi.”

La psicologia cognitiva moderna, e altri pensatori, sono d’accordo nel ritenere che nessun evento o circostanza esterna può riuscire da sola a farci stare molto male.
La seconda e la terza persona del nostro esempio, quindi, potrebbero avere la tendenza, quasi sicuramente, a interpretare le cose in modo troppo negativo. Cosa che non aiuta, anzi fa star male più del necessario.
In poche parole hanno l’abitudine di agire, spesso, seguendo i propri pensieri disfunzionali.

Giusto per chiarire le cose. Le risposte emotive che il passato ci evoca influenzano il modo di valutare le nostre esperienze personali passate e la visione di noi stessi, che a loro volta influenzano i pensieri e le interpretazioni attuali della realtà, le quali, a seguire determinano le nostre risposte emotive su un evento presente, e… si ricomincia da capo.
Un girotondo che fanno tutti, ma che può far male alla testa (a capirlo, a scriverlo, a viverlo) se la giostra ha qualcosa che non va.

In genere per chi si sente spesso infelice, ansioso e arrabbiato, chi si aspetta il peggio (sempre), chi reagisce in modo eccessivo quando le cose non vanno bene e si preoccupa troppo di quello che pensano gli altri, è probabile che il suo modo personale di interpretare la realtà sia “disfunzionale”.

La psicoterapia cognitiva esamina quello che le persone pensano di se stesse e del mondo che le circonda, le aiuta a identificare i pensieri disfunzionali, e a sostituirli con un modo di pensare più costruttivo, che aiuti a vivere con minori difficoltà e più serenamente.
Non è “Detto Fatto”, bensì “Osserviamo, Comprendiamo, Lavoriamo e Manteniamo”. Sempre con il sostegno dello psicologo.

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