Il trabocchetto per superare la vergogna


Il trabocchetto per superare la vergogna

La vergogna è stata messa in relazione con il concetto di “conformismo” presente nel gruppo e del gruppo, e con il senso di avversione nei confronti di chi viola una “norma comune”.

La vergogna è un importante indicatore di “come ci sentiamo” nei confronti degli altri in determinati momenti, e un importante regolatore del nostro comportamento.
La vergogna è un’emozione d’allarme, e ci segnala il fatto che siano stati compromessi (o che temiamo che lo siano) “gli scopi”, cioè avere la giusta immagine e/o un’alta autostima.
La vergogna è al servizio della “ottima impressione”, con la convinzione che in base a questa saremo giudicati. Ci spinge quindi ad agire con lo “scopo” di valutarci prima, e di essere valutati positivamente poi.

Chi si vergogna ha timore (che a volte si trasforma in pura ansia) che gli altri possano avere una brutta opinione di lui/lei.
Tipica la sensazione di vederci da fuori, e sentirci goffi e non “conformi” a ciò che ci circonda. “Tutti precisi. E io invece esibisco una macchia di caffè a decorazione di maglietta e pantalone”.
In questo caso è compromesso lo “scopo”: “vestiti puliti, in tema e con stile”.
Ciò può far pensare che noi non abbiamo il “potere di” rispetto a un qualunque “scopo” che potremmo considerare rilevante: giusta immagine e/o l’alta autostima.
Ci si può vergognare di qualsiasi evento, proprietà o azione che permetta agli altri o a noi stessi di assumere su di noi una valutazione.

Ok… Ma quali sono queste situazioni “di vergogna”?
In tutti gli esempi possibili, possiamo provare vergogna se e solo se si provoca o si può provocare in me o in altri un giudizio negativo. Cioè l’idea di una mia mancanza di potere rispetto a un qualche scopo: cadere dalle scale, discorso in pubblico, ballare, ecc.
Tutte situazione di gruppo con gli occhi puntati su di noi… soprattutto i nostri.
La vergogna è anche la previsione del rischio (il timore) di perdere la faccia. Per questo si può provare vergogna anche per una situazione prevista e non ancora avvenuta.

Si può essere torturati dalla convinzione dell’incapacità di raggiungere “determinati scopi”. Questo porta la persona a immaginare occasioni di vergogna non effettivamente verificate, che portino gli altri a giudicare la nostra immagine e noi stessi. Cosa che poi influenzerà anche l’autostima.

Sembra esistano alcuni “scopi da raggiungere” talmente fondamentali da provocare inevitabilmente vergogna.
Certe situazioni in cui chiunque forse si vergognerebbe. Le potremmo chiamare “situazioni di vergogna obbligata”.
Oltre a queste circostanze, ognuno ha, per così dire, i suoi campi preferiti di vergogna.
Già non è semplice spiegarlo, figuriamoci viverlo… Anche se è un meccanismo che scatta quasi automaticamente.

Come in ogni cosa, però, esiste il trabocchetto.
Ciò di cui ci si vergogna dipende dagli scopi che noi riteniamo “importanti”. In poche parole, se non t’importa nulla essere giudicato per il buon canto, allora canterai… come ti pare. E, dato che è cosa che non ti interessa, non te ne vergognerai.

Note. C. Castelfranchi e D. Parisi, Linguaggio, conoscenze e scopi, Bologna, Il Mulino, 1980

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